“Una commedia esilarante ma amara – niente lieto fine, la verità conviene nasconderla, o forse fingere di non vederla – per una ferita ancora aperta. Che ha il merito di divertire e far pensare senza indorare la pillola né offendere i sentimenti e i ricordi degli ex-cittadini della Rdt. Con un brio, un garbo, un’intelligenza (la Germania Est era anche il sogno di un mondo migliore) che ne hanno fatto il film più visto della storia tedesca: 5 milioni di spettatori. Solo nostalgia?”. (Fabio Ferzetti, ‘Il Messaggero’, 9 maggio 2003) “Film-fenomeno. Da tempo ‘Good bye, Lenin!’ di Wolfgang Becker è il primo nella lista degli incassi cinematografici in Germania, con un successo davvero raro per una commedia tedesca: affronta in chiave comica il tema (o il problema) del comunismo morto che non vuol morire, della Germania orientale che non si rassegna a scomparire nonostante siano passati anni dall’unificazione del Paese, della Repubblica Democratica Tedesca che rimane nel cuore, nelle abitudini, nelle nostalgie dei suoi ex cittadini. (…) Lo stile di ‘Good bye, Lenin!’ non ha nulla di speciale, ma la commedia che mescola divertimento e pathos è brillante, ben scritta; ed esprime tanti ragionamenti, sensi di vuoto, critiche e rimpianti di ex comunisti, tanti desideri inappagati, tanti pensieri di tenace rivolta, da risultare irresistibile”. (Lietta Tornabuoni, ‘La Stampa’, 10 maggio 2003)”Una commedia paradossale e intelligente. (…) Becker cortocircuita Storia e storie mettendo in scena una parabola a retrogusto amaro”. (Roberto Nepoti, ‘la Repubblica’, 10 maggio 2003) “‘Good bye Lenin!’ dell’occidentale Wolfgang Becker, è una commedia dalla geniale trovata che rielabora il lutto a sinistra ma lo prende troppo alla larga, inserendo tutta la storia dell’ex marito che appesantisce non poco il finale. Certo, la parte centrale col figlio devoto che organizza la commedia sociale con i vicini, registra appositi tiggì, cerca vecchie marche di cibo, è divertente, ma c’è una vena di amarezza e di tristezza che resiste al gioco degli equivoci. E’ bella, quasi poetica, ma un po’ buttata via l’idea finale che il socialismo vero sia solo un’utopia, dato che la mamma, dopo aver creduto alla panzana che quelli dell’Ovest abbiano invaso l’Est, muore credendo a una specie di riunificazione, mezzo happy end”. (Maurizio Porro, ‘Corriere della Sera’, 10 maggio 2003)”Diretto con leggerezza da Wolfgang Becker, ‘Good bye, Lenin!’ è una stravagante commedia politica basata su una trovata originale. Lo svolgimento non è sempre all’altezza, le gag si ripetono, ma in Germania questa è stata la sorpresa della stagione: un modo allegro per fare qualche conto col passato prossimo”. (Claudio Carabba, ‘Sette’, 22 maggio 2003)”Finti tg, pietose menzogne, esilaranti equivoci. E la prova provata che il marchingegno, posto in mani amorose, avrebbe potuto funzionare. Idea che acchiappa, film da non perdere”.