Gustav e Luca vivono insieme da molto tempo, ma un giorno, a colazione, una battuta di Luca instilla in Gustav il timore che il compagno sia (insospettabilmente) maschilista. I due iniziano allora, tra il serio e il faceto, un cammino di analisi sociale – attraverso interviste a psicologi, sociologi, politici, scrittori e persone comuni – diretto a farci capire quanto la società italiana induca i singoli maschi, ancorché (apparentemente) di ampie vedute, a essere inconsapevolmente discriminatori nei confronti delle donne.

Dicktatorship, puntando ironicamente il dito contro la misoginia imperante, finisce per svelare gli atteggiamenti violentemente omofobi di una società grottesca quanto una commedia all’italiana degli anni ’60. Quante volte capita alle coppie “collaudate” di scoprire, dopo molto tempo, dei reciproci aspetti caratteriali che potrebbero mettere in crisi il rapporto? Non è il caso di Gustav e Luca che si amano da 20 anni, ma il film gioca sulla creazione – divertita e divertente – di due personaggi che fungono da macro modelli comportamentali: Luca è l’italiano medio, buono ma un po’ superficiale, uno che senza “dolo” si adegua alle imposizioni sociali finendo per essere passivamente discriminatorio; Gustav è invece l’intellettuale, la luce che svela. È grazie a questo meccanismo da “commedia” ai confini della satira che Dicktatorship riesce a essere equilibrato e leggero, nonostante metta in scena le violenze psicologiche ancora oggi inferte dai maschi nei confronti delle donne all’interno di una (amaramente comica) rappresentazione caleidoscopica.

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