“Bella ciao” è un canto dalle origini mai nettamente chiarite che è divenuto patrimonio mondiale dei movimenti che, nelle più diverse situazioni, lottano contro regimi che sopprimono o vorrebbero sopprimere le libertà fondamentali. Questo documentario ne porta alla luce alcune delle meno note approfondendo le motivazioni che hanno portato all’adozione del canto che in Italia si tende a configurare come l’emblema della resistenza al nazifascismo. Giulia Giapponesi propone un percorso che si trasforma in una presa di coscienza con una fondamentale connotazione femminile. Troppo spesso (si potrebbe dire quasi sempre) l’articolo ‘i’ precede il vocabolo ‘partigiani’ quasi che le donne non abbiano preso parte alla Resistenza in Italia. La regista non si attarda in polemiche passatiste. Fa una cosa molto più utile: fa parlare donne che all’epoca c’erano ma, soprattutto, ci permette di conoscere giovani donne nostre contemporanee che per e con quella canzone hanno lottato o lottano. È il caso di una politica turca che per “Bella ciao” è finita sul banco degli imputati o di una combattente curda che ci mostra come quel canto faccia parte del patrimonio della lotta per la libertà di quel popolo.